“Labyrinth - Dove tutto è possibile” (1986), film fantasy di J.Henson
Un viaggio dell'eroe, un viaggio d'iniziazione...
Il film non andò bene al botteghino, ma col passare del tempo si è poi trasformato in un film cult. La protagonista è l’adolescente Sarah, figlia di genitori separati, una ragazzina molto presa dal libro che sta leggendo, “Labyrinth”, a tal punto da immedesimarsi nel personaggio principale che affronta il re dei folletti o spiriti maligni della storia, perdendo la nozione del tempo tanto è presa dalla rappresentazione delle sue fantasie. Proprio per questo, una sera in cui deve fare da bambinaia al piccolo fratellastro Toby, arriva a casa in ritardo provocando una discussione fra lei e la matrigna, spalleggiata dal padre della ragazza. Regna la non comunicazione e l’aspettativa sull’altro: “tu non lo sai, non conosci i miei programmi”, “se ne avessi me lo diresti”. Infine Sarah sbotta: “Non riesco a farne una giusta, è vero?!?”, per correre a chiudersi nella sua stanza sentendosi incompresa e non considerata adeguatamente, in piena sindrome da brutto anatroccolo.
Rimasta sola col bimbo che piange, la ragazzina si arrabbia quando trova il suo pupazzo preferito nella stanza del piccolo e se la prende con lui che continua a piangere. Dopo minacce e ripensamenti, la ragazza dichiara infine il desiderio che Toby venga preso all’istante dal re dei folletti. Quando il desiderio si realizza per davvero, davanti all’incredula, spaventata Sarah si materializza il diabolico re dei folletti, Jareth, inizialmente presentatosi sotto le spoglie di un barbagianni. L’affascinante re le fa notare che lui ha semplicemente realizzato il suo preciso intento poiché ciò “che è detto, è detto” rimarcando la superficialità con cui Sarah si è espressa senza pensare alle possibili conseguenze (”non credevo mai...”): basti pensare alla formula abracadabra che secondo la versione aramaica significa “io creo mentre parlo/io creo quello che dico” e alle profezie autoavverantisi che però non vengono dette con la giusta consapevolezza e intenzionalità. Jareth le offre in dono una sfera magica contenente i suoi sogni e desideri ma Sarah rifiuta il regalo implorando che le venga restituito il bambino. Il re, stupito e impressionato dal rifiuto della ragazza, le dà un’opportunità: se vuole riabbracciare il fratellino, ella dovrà raggiungerlo nel suo castello dopo aver superato un magico labirinto e con a disposizione solo 13 ore di tempo per riuscire.
Perché 13 ore? Ci si sarebbe aspettati il limite della classica mezzanotte e, invece, si viene messi di fronte a una magica distorsione temporale fra la mezzanotte e l’una, con un orologio speciale che segna 13 ore al posto delle canoniche 12. Si direbbe una dimensione temporale magica in cui le forze malevoli potrebbero avere maggior potere: se Sarah non arriva in tempo, allo scoccare della tredicesima ora Toby diventerà un folletto. Forse non tutti sanno che in molti grattacieli in America (e non solo lì) manca il tredicesimo piano e che per indicarlo viene sostituito da altre forme come 12A o 12Bis: la triscaidecafobia, la paura irragionevole per il numero 13, ha radici antiche dove il numero 12 veniva considerato un numero perfetto e sacro in quanto divisibile in parti uguali in più modi, mentre il 13 non lo permette Secondo il mito nordico il malvagio Loki si presentò come tredicesimo ospite non invitato a uno speciale banchetto di 12 dei, seminando scompiglio e causando la morte del favorito Balder; così come erano presenti 13 convitati all’ultima cena di Gesù, che già sapeva che uno di loro lo avrebbe tradito. E il pensiero non può che andare alla tredicesima fata de “La Bella addormentata nel Bosco”, che scaglia la sua maledizione sulla piccola Aurora per il mancato invito al banchetto della festa. Tuttavia, in altre parti del mondo, in particolare quelle orientali, il 13 viene considerato un numero fortunato: due facce della stessa medaglia, per cui dipende da quale significato gli si vuole attribuire.
Risulta interessante il fatto che nei Tarocchi il 13 è la Morte, un arcano che indica la necessità che qualcosa cambi, che qualcosa di vecchio muoia per far spazio a un nuovo ciclo che inevitabilmente arriva. E più si fa resistenza a questo cambiamento e più c’è sofferenza e difficoltà.
In “Labyrinth” c’è una storia di iniziazione di un’adolescente dove si mischiano degli aspetti che fanno riferimento ad “Alice nel Paese delle Meraviglie”, a “La Bella e la Bestia”, al “Mago di Oz” e a “Biancaneve”, e proprio questi ultimi due sono presenti come libri nella stanza di Sarah insieme alle fiabe dei Grimm.
L’adolescenza è un’età complessa in cui non ci si sente né carne né pesce a causa del passaggio dall’età del bambino verso quella adulta. Sarah si rifugia nelle sue fantasie per allontanarsi da una realtà che non le va a genio: la madre attrice ha lasciato la famiglia per un collega attore che, guarda caso, ha le sembianze di Jareth (lo si vede nei ritagli di giornale raccolti da Sarah) e il padre si è risposato facendo un altro figlio. Nella stanza della ragazza in verità sono presenti tutti gli elementi che costelleranno il suo passaggio nel regno dei folletti: una riproduzione del quadro con il labirinto di scale di Escher; il gioco in legno di un labirinto; un carrilon con una bambola vestita come lei al ballo di Jareth; fermalibri, pupazzi e statuine raffiguranti sia gli alleati nonché il suo antagonista. Tutti elementi che già la circondano nella sua realtà ma di cui non sembra rendersi realmente conto. Come Alice, ella si trova catapultata in una dimensione diversa dall’ordinario dove incontrerà ostacoli e sfide da superare e dove gli elementi della sua realtà si presentano in un modo diverso, straordinario. E come Alice, il suo viaggio si sviluppa nell’inconscio del sogno.
Sarah è chiamata a lasciare lo status di bambina per entrare nel ciclo del divenire adulta e per fare questo, necessita di addentrarsi in sé, nel suo inconscio, cosa che la porterà ad acquisire maggiore consapevolezza di se stessa per vivere questo passaggio senza rinnegare l’immaginazione di per sé, ma dandole la giusta collocazione, ossia non un rifugio estraniante in cui disperdersi ma un luogo in cui ricaricarsi e rigenerarsi nei momenti opportuni.
Nella scena dello scontro finale fra Sarah e Jareth, si ricrea la situazione iniziale del film: ciò che lei aveva preso per gioco, come superficiale evasione adesso, allo scoccare della tredicesima ora, acquista una diversa connotazione perché le frasi pronunciate da Sarah sono ora davvero comprese e sentite per quello che significano e finalmente la ragazza ricorda la frase che scordava sempre:
-“Tu non hai nessun potere su di me”,
momento in cui lei riporta la responsabilità su se stessa e ha la consapevolezza del suo potere personale. Sarà lei a governare i suoi sogni e non il contrario.
Pronunciate queste parole tutto si sfalda intorno a lei, che si ritrova magicamente nella sua casa allo scoccare della mezzanotte (ritorno al tempo ordinario) con il barbagianni che vola via: la ragazza corre nella camera di Toby, dove lo trova che dorme tranquillo e a cui decide di regalare il suo pupazzo preferito, perché ora lei sa dare il giusto peso alle cose e all’attaccamento a esse, sa che nella sua crescita andranno lasciate andare inevitabilmente delle cose per non rallentarsi e distrarsi dall’obiettivo del suo percorso personale.
Il barbagianni, animale in cui si trasforma il re dei folletti, secondo alcune superstizioni è portatore di presagi oscuri per il piumaggio e il volo silenzioso che lo fanno sembrare uno spettro nella notte. Il barbagianni ha il dono della visione notturna e grande profondità di sguardo che permette di andare oltre le apparenze, per vedere i veri aspetti nascosti delle situazioni, di se stessi e degli altri. Queste caratteristiche contribuiscono all’acquisita saggezza per cui per evolvere positivamente occorre affrontare un viaggio interiore, una discesa in mezzo alle proprie ombre e a quelle parti di noi considerate sgradevoli (i folletti, Jareth, la vecchia nella discarica, la palude puzzolente ecc) togliendo il velo alle proprie comode illusioni e ai propri vittimismi, per riemergerne dopo aver trasvalutato questi aspetti.
In questa acquisita saggezza c’è anche l’aver compreso l’importanza delle parole, di sapere cosa e come chiedere uscendo dai soliti modi per non restare impantanati nei soliti schemi, riassumibile nell’incontro con la volpe Sir Didymus in una palude puzzolente. La volpe fa da guardia a un ponte su cui vige il divieto di attraversarlo senza il suo permesso e i compagni della ragazza cercano di forzare il blocco fisicamente, finché Sarah esce dalla condizione di vittima che si lamenta del divieto per chiedere se può ricevere il permesso dalla volpe. E Sir Didymus risponde di sì: senza chiedere è ovvio che la risposta è sicuramente no, ma chiedendo è possibile che la risposta sia diversa...Pensiero divergente, uscire fuori dai soliti schemi infruttuosi…
Maria Romanazzi/Achillea
https://www.facebook.com/La-via-di-Achillea-201801930763127
Possiamo circumnavigare intorno alle storie e cogliere miriadi di sfaccettature, che descrivono vicende umane ricorrenti nelle Costellazioni Familiari.
Tabù, segreti familiari, conflitti tra generazioni, ingiustizie, esclusioni, abbandoni, abusi, incantesimi.
Il tema del conflitto tra la matrigna e la figliastra
ricorre in molte storie, anche se cambiano i nomi dei personaggi e delle protagoniste.
Secondo la visione di Bert Hellinger, una delle leggi che regola i sistemi è la legge dell'ordine sacro: ogni membro ha una posizione unica, insostituibile e speciale in relazione a tutti gli altri. Questa posizione viene occupata nel momento in cui la persona entra nella vita e le spetta di diritto.
Se in una famiglia, uno dei genitori muore e il coniuge si risposa, il nuovo arrivato non potrà prendere il posto di chi lo ha preceduto, ma sarà al secondo posto, poichè è venuto dopo.. Ed anche i figli del primo matrimonio, vengono prima, secondo l'ordine sacro (o di priorità).
Nella storia di Biancaneve, Cenerentola, Vassilissa, osserviamo come questo ordine viene sovvertito e di come si genera uno squilibrio all'interno del sistema.
Il tema della competizione tra donne per avere l'attenzione di un uomo
è una delle conseguenze dell'ordine infranto.
La competizione tra fratelli
è un altro tema ricorrente nelle storie e nella vita, dove, a volte, invece di avere col fratello un legame unico, poichè è colui che divide-condivide con noi l’esperienza di quella madre, si crea una rivalità creata più o meno consapevolmente dai genitori.
Un altro tema che "intravvedo" nella storia di Labirinth e in Alice nel paese delle meraviglie, sempre collegandolo alle Costellazioni Familiari, è il tema di un "altro mondo", o un mondo parallelo, che può far impazzire o far perdere la testa, se non si ha dimestichezza con l'invisibile e con le sue leggi, che sono differenti da questa nostra dimensione.
Maria Tatar, nel suo libro "La più bella del reame" afferma:
"Nella vita reale ogni famiglia infelice può essere infelice a modo suo, ma nelle fiabe le famiglie infelici si somigliano tutte".
Perché mai in ogni parte del mondo ripetiamo ritualmente queste storie di sofferenze all'interno della famiglia, e non facciamo che raccontarle, riciclarle, modificarle, rivisitarle, riscriverle e mescolarle ad altre storie?
Sarà forse perchè parlano di quelle narrazioni di cui nessuno al mondo sembra potersi capacitare?
Sarà perché le fiabe in realtà parlano di tabù, cioè di argomenti, di cui era vietato parlare? Perché molti cultori della fiaba si sono sentiti in dovere di appiccicare una morale alle storie racchiuse nei loro libri. “
Non abbandonare mai il sentiero”, è la morale inserita nella fiaba di Cappuccetto Rosso, come se questa cosa potesse aiutare la bambina a evitare le fauci del lupo.
“Quando fai una promessa, deve mantenerla”, dice un re alla figlia, quando un ranocchio eroticamente ambizioso pretende di spartire il letto con lei.
“Non cercare di curiosare dietro una porta chiusa a chiave” è la lezione che dovremmo apprendere dalla storia di un omicida seriale che uccide le sue mogli.
Sarà che fiabe e miti affermano e rafforzano le convinzioni culturali, come sostengono alcuni critici?
Forse è proprio per questo che sono provocatorie e ci spingono a contestare, a sfidare e a respingere i valori che sostengono. Esse pretendono l'irriverenza e la disobbedienza.
Forse è questa la ragione per cui continuiamo ad ascoltare i loro stravaganti eccessi cercando di trarne un senso.
Sarà che il tramandarsi delle fiabe sta proprio nel sollievo terapeutico che esse offrono mediante l'elaborazione di una storia simbolica?
Il divieto di parlare di determinati argomenti può provocare patologie, nei singoli e nei gruppi familiari e sociali. I nostri antenati si servivano di queste narrazioni per restare svegli e nello stesso tempo vigili, per sbalordire, scuotere e invogliare al confronto con gli altri, piuttosto che reprimere emozioni.
Le trame della fiaba possono spronarci ad affrontare e a gestire i tanti conflitti e i tabù che esse evocano in modo schietto".
Tutto è destinato a mutare. E' questo il messaggio delle fiabe?
Paola Biato
Scrivi commento